Cupole e pallone

06.12.2014 21:03

C’è qualcosa di sinistro che aleggia su Roma e sui romani, quasi rassegnati all’ineludibilità di un destino beffardo e funesto, oltre il quale c’è il baratro, la fine della Città Eterna, il capolinea di una civiltà forse sguaiata ma nelle fondamenta proba e leale.

I romani sono stanchi, lo si vede anche dal tono un po’ dimesso ed annoiato con il quale nei bar, negli uffici e in ogni dove l’urlo di sdegno contro le lobbies mafiose politiche e finanziarie che hanno distrutto il tessuto sociale di una città, è spesso sovrastato da una sconsolata rassegnazione.

Neanche più il tesoro dei romani serve a nulla, oramai il prezioso forziere è vuoto: l’ironia, il sarcasmo, l’arguzia della freddura, la derisione sul palazzo, la facezia sui potenti, hanno preso il volo e forse hanno lasciato per sempre la catena del DNA romano.

Oggi fallisce anche la voglia disperata di trovarsi intorno ad una bandiera, di unirsi nella cosa più importante tra quelle meno importanti.

Neanche l’Arca dello Stadio Olimpico ha salvato Roma e nessuno potrà ricrearne la magia in un’altra galassia.

I Barbari hanno vinto e non c’era manco fuorigioco.

Alle porte di Roma ha bussato Odoacre e noi non l’abbiamo riconosciuto.

Non era “il roscio”, non era Chierico.

Roma e i romani sono finiti e restano solo la corruzione, il malaffare, l’immoralità.

E la Juventus.

BAGABLOB