G11, affondato.
A parte gli storici e comunque apprezzabili “Pannellismi” sull’argomento, la questione del disagio che si vive negli istituti di pena italiani è vergognosamente e strumentalmente tirata in ballo solo quando si tratta di giustificare l’ingiustificabile.
Ad esempio il salvataggio della poltrona di un potente, avvezzo al colloquio telefonico disinvolto con personaggi quanto meno discutibili.
O anche l’ostinato diniego, opportunamente e politicamente motivato per la bisogna, a trattare il pezzo grosso come meriterebbe, ossia nella stessa identica maniera di un qualsiasi cittadino.
Reparto G11 del carcere di Rebibbia.
Non so se il detenuto “X” abbia fatto poi veramente un favore al compagno di cella “Y”, fatto sta che il detenuto “X”, disabile e costretto su una sedia a rotelle, non ha esitato a lasciare la sua compagna di sempre a due ruote per gettarsi a terra e sostenere, fino all’arrivo dei soccorsi, il detenuto “Y” che si era lasciato andare con una corda al collo.
Se quel gesto sia o no collegato alle condizioni di vita del reparto, definite dal garante dei detenuti precarie sia dal punto di vista sanitario che logistico, forse non lo sapremo mai.
E l’eroe sarà eroe solo fino a quando si spengeranno i riflettori.
Poi tornerà tra i fantasmi dimenticati dalla società, per lasciare spazio all’arroganza becera e chiassosa di chi lo ha utilizzato per il suo sporco tornaconto.
Tornerà nell’indifferenza tra i suoi simili disperati e dimenticherà perfino di essere stato, solo per pochi giorni, quello che non avrebbe mai pensato di diventare.
Un eroe minimo.
BAGABLOB