Decima puntata: 23 novembre 2012

Si, viaggiare (evitando le buche più dure…..)

L’artista, in vita per alcuni aspetti controverso, se ne è andato da tanti anni e - come tutti coloro che sono comunque riusciti nell’impresa di lasciare la propria impronta a futura memoria - vive nei gesti e nei sentimenti di chi ama la sua musica.

Lucio Battisti può allora rivivere in chi, fermo al semaforo, consegna ai vicini le note di “la compagnia”, così condividendo con questi, insieme all’attesa che scatti il colore giusto, la malinconia di una storia finita.

O magari in chi, non più giovanissimo, rinnova la dolcezza di vecchi ricordi nella soavità della melodia e del testo de “i giardini di marzo”.

Non c’è più quell’uomo che gridava “gelati” ed il carretto è oggi sostituito da megastore dell’ ice cream.

Ma non allarmatevi, amanti del vintage: in compenso, ancora oggi, “al ventuno del mese i nostri soldi sono già finiti”.

Oramai calato nel ruolo di ispiratore, è nuovamente Ulisse ad offrire lo spunto vincente nella proposizione dell’allegoria più appropriata per tratteggiare i contorni di una giornata di campionato che, priva di vittorie tra le mura amiche, esalta così la magnificenza del “viaggiare”.

Da evidenziare, però, che solo in due hanno strappato l’intera posta: tutte le altre in trasferta, pur “evitando le buche più dure”,  hanno flirtato con le ospitanti dando forse più l’idea di “amarsi un po’”.

Ma veniamo subito a noi, partendo proprio dalle esibizioni più corsare.

Note consonanze filologiche non possono esimerci dal sottolineare la vittoriosa circumnavigazione di Prez Vasco da Gama verso la sua India, il tutto a dispetto delle sterili difese dei mascalzoni autoctoni che tentano invano di manifestare la loro ostilità, per finire con l’arrendersi alle portentose cannonate de “o português”.

Oddio, un po’ in controtendenza con l’animo pacifista del presidente, ma la guerra è guerra e quindi il nocchiero Inler può navigare senza azzardi particolari nel quieto mare della Fossa dei Leoni.

A Giovanni non resta che gettarsi in mare, ciambella con paperella inclusa. 

Non sappiamo con certezza chi sia l’Isabella di Castiglia che si cela dietro l’impresa del nostro Cristoforo Fil Colombo, ma una cosa è certa: spinte dagli alisei (ndr per Stefano: gli alisei non sono moduli e neanche modificatori) le sue tre caravelle approdano trionfanti nel Nuovo Mondo.

La tribù locale del San Salvador boviano accoglie i turisti con un po’ di riluttanza (anche perché Fil Colombo non porta le paste) ma, tutto sommato, l’impatto è positivo e finisce con un terzo tempo surreale tra aborigeni e marinai della flotta gattopardiana.

Singolare la traiettoria più recente di Jamil: dai fasti della Casa Bianca passa per Parigi dove gli fanno la sfumatura alta, per finire con l’ accogliere i conquistatori in tenuta d’ordinanza: lancia, anello al naso e subincisione penica.

Ma il dolore uretrale è nulla in confronto alle toccanti prestazioni di Nina Aquilani, Pinta Pereyra e Santa Maria Pjanic.

Per il resto “X factor” alla sesta: nelle altre sei partite, infatti, condivisione della posta da buoni amici, con apoteosi di “fiori rosa, fiori di pesco”.

Ciò non toglie, comunque, che le squadre ospiti abbiano sempre affrontato il loro “viaggio”.

Decisamente lunare quello di Neil Antony Amstrong che, partendo da Arca Stagnaccio Space Center, sfrutta al massimo i retrorazzi alimentati da un misto di idrogeno allo stato liquido e soffioni boraciferi intestinali allo stato gassoso, per sfrecciare verso il Real satellite.

Non appena il modulo dell’Apollo 11 petoniano tocca il suolo, comincia il bello.

Neil Antony Amstrong, accompagnato dal fido Lorenz Aldrin, scende la scaletta per andare incontro alla leggenda, non prima di aver rassicurato tutti: “Houston nessun problema, se non fosse per la solita fastidiosa aerofagia……”.

Non sarà esattamente il primo uomo che tocca il suolo del Tozzi-Fan, ma il momento è ugualmente esaltante: “….….è un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità”.      

La presenza di Andrea Michael Collins non sfuggirà al mito, ma con un ruolo decisamente secondario: egli resta dentro il modulo con una grande voglia di andarsene e lasciare lì quei due, con la sola scorta di due barrette kinder.

Non lo farà e torneranno tutti e tre per festeggiare un 2 a 2 che sa un po’ di luna calante.

Il ritorno degli eroi dell’Apollo è disgraziatamente flagellato dal solito traffico di rientro e questo nonostante i Nostri abbiano evitato la Pontina per attenersi scrupolosamente alle istruzioni di Houston (“al 350° Km della Via Lattea, allo stop, prendere a destra”).

Ma, si sa, partire di domenica non è il caso e sfiga ha voluto, allora, che la combriccola lunatica incontrasse, di ritorno dalla scampagnata al Muro dei Titani, l’ingombrante Tram Enterprise del Capitano James Lanciottus Kirk.

Sotto il comando di Kirk il vascello spaziale più conosciuto del deposito ATAC di Porta Maggiore ha compiuto viaggi e missioni affascinanti, risparmiando all’umanità un conflitto con l’Impero Stellare degli Eccebombiani e prendendo contatto con specie aliene sconosciute, ben oltre i confini del capolinea del 30 barrato.

L’ultima missione appare di tono leggermente dimesso: Lanciottus Kirk, in compagnia del vulcaniano Miky Spock, buca le ruote del tram ed è costretto a scendere per spingere.

Non basterà per andare oltre un asfittico 0 a 0 e l’impressione è che ambedue possano aspirare a vincere un campionato in occasione della sesta missione dell’ Enterprise. Nel 2269.

A questo punto è d’uopo rendere un doveroso omaggio alla sapienza tattica di Armaduk, il mitico siberian husky capolista che, ancora una volta, imbrocca la formazza giusta consentendo al team di Egidio Fogar di mantenersi imbattuto.

Un po’ freddino durante la passeggiata al Polo Pisapia Nord ma poi, giunti a destinazione, ci si è opportunamente riscaldati grazie alle fiammate offerte da un incontro entusiasmante, finito con una salomonica divisione della pietanza in gioco: 3 pezzi di carne di foca a testa.

L’ igloo San Isidro risulta quindi accogliente per l’indiscusso coach della Gianduiotto: nel frattempo Egidio è fuori, ha già parcheggiato la slitta e si accinge a scavare nel ghiaccio per procurare un po’ di cena.

Il simpatico quadro del terzetto eschimese (due al calduccio parlano di tattica, uno sta fuori con la canna in mano) è oscurato dall’imponente ombra del passaggio del dirigibile SgruntItalia del comandante Guido Nobile, in allegra trasvolata artica.

Il nostro Nobile è in missione scientifica per conto della gentile consorte, alla quale deve riportare dettagliato resoconto sulle differenti caratteristiche organolettiche dello stoccafisso norvegese rispetto alla cernia del golfo di Salerno.

Accade però l’imprevisto e il  nostro eroe si ritrova nella tenda rossa a condividere lunghe e gelide giornate con un altro che di poli se ne intende, Shingo Amundsen: sotto la luce della lampada ad olio passeranno stancamente le ore giocando alla morra cinese e trovando il tempo di concludere la loro partita con un flaccido 1 a 1.

E, a proposito di Cina, niente male il viaggio di Marco Ecce Polo il cui spirito avventuriero assurge enfaticamente nel personalissimo “Milione”, il saggio in cui riporta degli entusiasmanti incontri con le  popolazioni più orientali, seppure con alcune punte di sconcerto, come nel caso in cui narra di aver assistito ad un singolare dialogo fra due cinesi nel quale uno diceva all’altro “uè Raffaè ma chist chi cazz’è ?”.

Evitando di approfondire con i due simpatici indigeni, Ecce Polo si è accontentato di portare via un punto al temuto Gran Khan Lello, restando comunque ulteriormente turbato nel momento in cui, sulla via della seta, un terzo nativo tentava di vendergli un rolex a tre baiocchi.

Migliaia di chilometri raccontati e percorsi in varie epoche (passate e future) a piedi, su velieri, moduli lunari, vascelli spaziali e dirigibili, non possono trovare miglior finale di quello elargito dalla amabilità con la quale il velista Ales Cayard ha solcato soavemente le acque dell’ultima giornata di campionato.

Con la sua Phoenix One ha disputato dignitosamente l’ennesima tappa della sua “Lega Challenge Cup”, stavolta cogliendo un punto pesantissimo contro una delle pretendenti al titolo, Luna Rapid Rossa.

Da parte sua Matteo vede affievolirsi quella dolce brezza che fino ad oggi lo aveva fatto veleggiare verso le più alte vette, ma niente paura il vento può cambiare in qualsiasi momento.

Il nostro viaggio è finito e un po’ anche il sogno di scoprire nuove terre.

Torniamo a casa ed alla realtà stanchi ma felici: improvvisamente ci siamo accorti che oramai da tanti anni abbiamo avvistato all’orizzonte la nostra Lega.

E non l’abbiamo più lasciata.

Tu chiamale se vuoi, emozioni.

BAGABLOB