Quattordicesima puntata: 31 dicembre 2012

Il Premio Nobel per le Cose Futili (e che il 2013 sia con noi)

Non siamo stati travolti dalle catastrofiche conseguenze di una inversione dei poli magnetici e neanche è successo che un asteroide abbia omaggiato la nostra umanità dello stesso dono che, sessantacinque milioni di anni fa, ricevettero i dinosauri.

Ma questo non può portarci a concludere che i Maya abbiano fallito nella loro profezia della fine di un ciclo, anzi semmai dovrebbe farci riflettere sui limiti della mente umana, così poco avvezza a recepire utilmente il cambiamento.

Infatti di cicli, probabilmente, ne sono giunti al termine diversi anche durante l’anno che ci sta lasciando, ma la sensazione è che recepiamo con colpevole ritardo gli insegnamenti che ne derivano, così condannandoci spesso ad una vana rincorsa delle opportunità che la nostra epoca ci offre.

A giugno di quest’anno, a Rio de Janeiro, si è tenuto il Summit della Terra, a venti anni esatti dal precedente del 1992 durante il quale i capi di stato di tutto il mondo lanciarono l’idea di “sviluppo sostenibile”.

Già allora erano evidenti i segni di sofferenza lanciati dal nostro pianeta, così come era lampante la necessità di non ignorarli e di fare qualcosa di importante per diminuire le emissioni e prevenire i cambiamenti climatici, pena l’accelerazione di una fase di decadenza della razza umana.

Ebbene, dal vertice del 2012 emerge una situazione sconfortante: in venti anni  nulla o pochissimo è stato fatto ed i governanti di tutto il mondo hanno continuato a coniugare la parola “benessere” unicamente con quella “sfruttamento delle risorse”, mostrando quindi solo una inclinazione a competere con gli altri stati per accaparrarsele.

Le conseguenze derivanti dal naturale progressivo esaurimento delle risorse sono facilmente immaginabili e purtroppo ne vediamo alcuni effetti, più o meno mediati, negli accadimenti più drammatici del nostro tempo, primo fra tutti il rischio di morte per fame cui sono esposti milioni di esseri umani.

Non aver ancora compreso tutto questo non è forse la fine di un ciclo ?

Chissà cosa potrebbe aver significato per il popolo Maya questa data: 22 aprile 1909.

In quel giorno nasce una donna straordinaria che - dopo aver aperto gli occhi di tanti uomini e donne di scienza e non - ha chiuso per sempre i suoi, da poche ore, dopo un’avventura incredibile durata 103 anni.

Rita Levi Montalcini ha attraversato decenni della nostra storia mostrando - insieme ad una apparente fragilità fisica, inaspettatamente a lungo vincente sulla morte - una mostruosa lucidità di pensiero rilevabile non solo nel campo professionale in cui eccelleva.

Parlando dei suoi studi il Nobel per la Medicina del 1986 evidenziava quanto non vi fosse per lei altro di più importante che interessarsi al funzionamento della mente umana: “il cervello spiega tutto e bisogna partire da qui. Il nostro modo di comportarci è più emotivo che cognitivo”.

E quanto c’è di vero e profondo in parole così semplici.

Se avessimo più la capacità e la determinazione del conoscere, anziché unicamente quella dell’emozionarci e dell’agire d’istinto, saremmo i soli protagonisti del nostro futuro.

E’ questo uno degli insegnamenti che viene da una donna che non ha voluto chiudersi in laboratorio, circondata e protetta dalla grandezza del suo sapere: la Levi Montalcini ha coniugato la sua sapienza con uno stile di vita improntato al sociale, alla legalità, alla parità dei diritti ed alla solidarietà. E proprio questi principi la portarono ad essere un “cervello in fuga” all’epoca delle infami leggi razziali. 

Lo spegnersi di una voce simile non è forse la fine di un ciclo ?

Il 22 aprile 1909 i primi vagiti del futuro Premio Nobel provenienti da Torino, si mescolavano con quelli udibili a Fucecchio, in Toscana, dove lo stesso giorno vedeva la luce Indro Montanelli.

Anche se da un’angolazione del tutto diversa, Montanelli è stato uomo che ugualmente ha attraversato a lungo la storia del nostro paese e del mondo, raccontata con la sua fedele “lettera 22” tra le mani.

Personaggio contrastato, convinto anticomunista, è stato forse l’uomo di destra più rispettato a sinistra, in particolare per le posizioni assunte negli ultimi anni di vita, durante i quali disegnò e profetizzò un quadro politico sorprendentemente aderente a quello che si profila in questi giorni nel nostro paese.

“Gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello”, disse: se volessimo dare una lettura antropologica ad una affermazione del genere, ci accorgeremmo che non è poi così lontana da quella asserita incapacità dell’essere umano di agire per “cognizione” (ma solo per “emozione”) evidenziata dalla Levi Montalcini.

Evidentemente i Grandi possono avere in comune non solo la data di nascita.

La voce di Montanelli si è spenta oramai da anni, ma resta – si ripete – l’attualità del suo pensiero, in particolare di quello risalente all’ultimo scorcio della sua vita, come una eco che, post mortem, può ancora oggi contribuire alla nascita di una rinnovata coscienza sociale.

Se pensiamo che la frase del manganello era riferita ad una triste uscita dell’attuale presidente della Camera dei Deputati sui vertici RAI (“se dovessimo vincere, non potranno rimanere un minuto in più al loro posto”), ci accorgiamo di quanta poca strada abbiamo fatto verso l’obiettivo di diventare un paese normale.

Anche le profetiche (e spesso dimenticate) parole di Montanelli sugli andazzi politici e non di uno degli attuali candidati a Palazzo Chigi (a favore del quale, nel 2010, nacque un comitato che raccolse firme affinché fosse candidato ad un Premio Nobel per la Pace che sarebbe stato quantomeno discutibile), stanno a testimoniare di un popolo che, per trovare il meglio di sé stesso, deve ancora guardare al suo passato.

Rischiare di mancare anche la prossima occasione di rinnovamento della classe dirigente di questo paese, non potrebbe rilevarsi la chiusura di un ciclo ?

Tra Nobel illustri e Nobel da brivido fortunatamente mancati, mettiamo umilmente anche il nostro, quello conquistato da sedici contemporanei che la storia ha fatto incontrare, agli albori del 21° secolo, con il preciso scopo di consacrare i fasti del Fantacalcio, la cosa più importante tra le meno importanti.

E’ quindi nostro il Premio Nobel per le Cose Futili.

Ma menzioni particolari vanno fatte, in ossequio alle fatiche affrontate da ognuno nell’anno che finisce ed anche come occasione per ripercorrere la nostra fantastica galoppata di apertura.

Premio Nobel per la Pece 2012 a Piero, con il suo AEB: “per essere riuscito nell’impresa di restare incollato alla zona retrocessione all’ultima giornata”.

Premio Nobel per la Sfiga 2012 ad Alessandro, con i suoi Phoenix “perché nell’affrontare coraggiosamente la sua personale second life, subiva ben 5 delle 10 sconfitte con un solo gol di scarto”.

Premio Nobel per il Camaleontismo 2012 a Jamil, con il suo 9 il Bove: “per gli appassionati studi sul trasformismo applicato, compiuti in San Salvador (come aborigeno), Parigi (come decapitando) e Stati Uniti d’America (come presidente di colore)”.

Premio Nobel per la Meccanica 2012 a Stefano, con i suoi Spartans: “per lo sforzo perenne profuso nell’aggiornamento e nella manutenzione del suo mezzo: dal Tram della tavola Maya al Tram Enterprise”.

Premio Nobel per il Bucio 2012 a Guido, con il suo Sgrunt: cosa dire ?.

Premio Nobel per la Dietologia 2012 a Daniele con il suo San Isidro Futbol: “per la sapiente organizzazione delle psico-cene presso il suo ‘Pisapia terapica’”.

Premio Nobel per la Farmacia 2012 a Vincenzo, con i suoi Shingotamarri: “in riconoscimento del contributo reso con la introduzione dei medicamenti ‘Belfodil gocce’ (per uso personale) ed anche – in più rare ma soddisfacenti profilassi – ‘Belfodil supposte’ (per uso terzi)”.

Premio Nobel per il Sacrificio 2012 a Giovanni, con il suo Mascalzone Latino: “per l’alto profilo morale con il quale ha tollerato - nell’ incedere della contingenza di 7 sconfitte consecutive - il mènage à trois con Nichi Vendola ed il compagno di questi, Eddy”.

Una squadra, Gianduiotto, due Nobel.

Premio Nobel per l’Antropologia 2012 a Mirtilla e Premio Nobel per la Cinofilia 2012 ad Egidio, con la medesima motivazione: “per aver sempre saputo da quale parte del guinzaglio stare”.

Premio Nobel per la Culinaria 2012 a Matteo, con la sua Rapid Cometa: “per il vitale apporto donato ai palati dell’umanità intera, con la scoperta e preparazione dei sublimi ‘gnocchetti Barrientos e funghi’”.

Premio Nobel per l’Azzardo 2012 ad Andrea, con il suo Real Martina: “per aver fatto assurgere l’alea dei tre segni ad elemento determinante sui bilanci delle società”.

Premio Nobel per la Scoperta 2012 a Filippo, con i suoi Gattopardi: “per aver contribuito, unitamente al suo avo ‘Cristoforo Fil Colombo’, alla scoperta di nuovi orizzonti fantacalcistici”.

Premio Nobel per le Riforme Regolamentari 2012 al Prez, con il suo Pueblo Unido: “ispirandosi agli insegnamenti del ‘Che’, ha saputo sempre tenere barra a dritta anche nelle situazioni regolamentari più ardue che hanno attraversato la vita della Lega Amara”.

Premio Nobel per la Inconsapevolezza 2012 a Michele, con i suoi Immortalis: “per aver attraversato l’apertura con la stessa sapiente inconsapevolezza con la quale, durante la rivoluzione francese, Michel Immortal passava le sue ore presso la ‘maison du vin’”.

Premio Nobel per il Latino 2012 ad Antonio e Lorenzo, con i loro Petomani: “attraverso il loro irreprensibile comportamento, hanno dato luogo alla nascita del neologismo latino ‘talis filius, talis pater’, così contribuendo a chiarire definitivamente a chi siano affidate le redini della squadra”.

Premio Nobel per la Medicina 2012 a Raffaele, con la sua guapparia: “nelle vesti del Dott. Lello Scugnizzi, medico della mutua, si prodigava tra i suoi simili eseguendo prelievi ematici, fondamentali per la ricerca e per la sua classifica”.

Che sia un fantastico 2013, per tutti noi.

BAGABLOB