Diciottesima puntata: 31 gennaio 2013

Il giorno dello smemorato. Riabilitazioni e degradazioni

Il complesso del Foro Italico - nonostante l’usura del tempo e gli interventi di modernizzazione posticci, effettuati  soprattutto ad uso e consumo del dio pallone - resta il cuore pulsante della Roma sportiva.

E’ una zona affascinante e per molti di noi, nell’età dell’adolescenza, è stato anche luogo di ritrovo ed occasione per vedere da vicino grandi campioni di tutti gli sport.

Ovviamente la nostra meta preferita era il calcio dello Stadio Olimpico, ma forte richiamo suscitava anche lo Stadio del Tennis in cui si esibivano atleti come Vitas Gerulaitis, Guillermo Vilas, Bjon Borg, Adriano Panatta, Yannik Noah ed anche – perché no – Antonio Zugarelli che, seppure non dotato di cognome da copertina, raggiunse la finale degli Internazionali d’ Italia nel 1977.

Chi scrive ricorda con un po’ di nostalgia, ad esempio, le magiche emozioni di Roma – Dundee, semifinale di Coppa dei Campioni 1983-84, chiusa e consacrata al 58° minuto dal boato che salutava il 3-0 risolutore di Agostino di Bartolomei, un uomo che, purtroppo, non riuscirà a sconfiggere il male di una solitudine interna più forte di lui.

E come dimenticare l’amarezza provata dieci anni esatti prima che quel colpo di pistola spengesse “Diba”: il 30 maggio 1984 è, infatti, la data che segna la delusione sportiva più lacerante per il popolo romanista e tanti ragazzi di oggi non immaginano neanche l’atmosfera che si respirava subito dopo quella maledetta finale con il Liverpool.

Il 30 maggio 1994 ci riporta invece ad un ricordo che commuove ancora: quello di un campione e di un uomo diverso dagli altri, che scelse di non vivere più una vita in cui le luci del successo si erano spente e stavano lasciando spazio alla indifferenza di un calcio cinico che spesso esclude i migliori.

Ed è un uomo che, giustamente, non è stato celebrato solo da chi ha la fede giallorossa nel cuore: bellissimi servizi televisivi sono stati a lui dedicati anche da “nemici” di fede opposta, come nel caso del lazialissimo Michele Plastino autore di ricordi belli e struggenti di Agostino.

In misura molto minore, qualche anno prima, avevamo invece vissuto con mestizia – sempre all’Olimpico, stavolta in condominio con tutti i tifosi italiani - la perdita delle speranze di vittoria dell’europeo ’80, che per i nostri colori si infransero nelle possenti mani di Jean-Marie Pfaff, il grande portiere dei diavoli rossi che si arrenderà solo in finale di fronte alla Germania Ovest di Hrubesch.

Stadio Olimpico ha significato anche grande atletica leggera e si perdonerà ancora una volta il richiamo a fatti personali di chi scrive, ma le esperienze vissute durante straordinarie manifestazioni (come il Golden Gala o gli stessi mondiali del 1987) - a volte addirittura dal campo, tra i ragazzi dell’organizzazione della FIDAL – rappresentano ricordi incancellabili di avventure incorniciate nella magia dello storico catino circondato dalla pista col décalage.

Vedere Edwin Moses, dalla distanza di mezzo metro, che ti strizza amichevolmente l’occhio pochi attimi prima di fiondarsi come una molla verso l’ennesimo 400 vittorioso, compiuto con la strepitosa cadenza di soli 13 passi tra un ostacolo e l’altro (era l’unico al mondo), è motivo ancora oggi di episodi di enuresi notturna.

Ma chissà quali erano i sogni e le emozioni dei ragazzi che, più di ottanta anni or sono, frequentavano quello che allora era chiamato Stadio dei Cipressi.

Lì, e nel vicino Stadio dei Marmi, si tenevano manifestazioni ginnico-celebrative dei fasti del littorio e sicuramente l’atmosfera, oltre che da una vera passione sportiva, era permeata dalla esaltazione delle gesta di un uomo solo al comando.

Ma le emozioni sono emozioni e oggi dobbiamo rispettare, comunque la pensiamo, quegli ex ragazzi che hanno vissuto intensamente la loro epoca passando le ore della propria gioventù al Foro Mussolini.

E’ anche per il rispetto che dobbiamo a quei ragazzi che oggi dovremmo rivendicare l’unicità di quelle esperienze, che furono senz’altro appassionanti e positivamente attribuibili all’azione del  governo di allora che, seppure mosso dallo scopo di asservire lo sport all’ideologia, ebbe comunque il merito di pensare ed organizzare uno spazio multidisciplinare di aggregazione giovanile.

Unicità che significa, oggi, condanna di quel plurale sottointeso usato impropriamente dal nostro ex presidente del consiglio in occasione della recente commemorazione della shoah.

”Le leggi razziali sono la peggior colpa del leader Mussolini che per tanti versi aveva fatto bene…..”.

Quel “per tanti versi” risuona irrispettoso anche per i ragazzi del Foro Mussolini ma, prima ancora, per tutti coloro che dovettero subire la vergogna di leggi che limitavano la libertà di espressione attraverso il controllo della stampa, che reprimevano la libertà di associazione e di religione, che estromettevano dalla scuola gli insegnanti non graditi al regime, che - di fatto - affamavano le famiglie che non possedevano la tessera del partito unico.

Per questo quel plurale non è degno.

Perché le leggi razziali furono solo l’apogeo di una legislazione infame e, al tempo stesso, il triste inizio della tragedia delle deportazioni e quindi degli stermini di massa, compiuti in connivenza spirituale con la follia omicida della grande Germania hitleriana.

Quella è l’ Italia che non vogliamo mai più e, se dobbiamo proprio guardare indietro, l’unica cosa bella da vedere, tra i filmati dell’Istituto Luce, sono proprio le immagini di quelle procaci ragazze e quei nerboruti ragazzi che - orgogliosi, a petto in fuori - roteavano cerchi e saltavano ostacoli.

Il resto è da dimenticare, onorevole ex presidente del consiglio.

Ma passiamo alle nostre riabilitazioni e degradazioni.

Siamo solo alla terza del clausura ed è presto per assegnare etichette di “riabilitato” o “degradato”.

Piccole osservazioni possono comunque farsi.

Si potrebbe al momento dire che i Phoenix stanno beneficiando di una sorta di riabilitazione che, però, non sembra vera redenzione rispetto ad ambizioni di classifica che potrebbero essere pesantemente penalizzate dal deludente avvio di stagione

Tuttavia Alessandro ha affrontato con slancio il clausura, unico tra tutti coloro che hanno occupato le piazze più calde dell’apertura.

Dopo le ottime affermazioni della Fossa dei Leoni e al Coliseum con l’ AEB ed il buon punto conquistato alla Scugnizzi Arena, ad Alessandro resta solo da acquisire un po’ di fosforo che possa impedire dolorose dimenticanze e penalizzazioni in classifica (avrebbe 7 punti anziché i 6 di cui è accreditato).

A raschiare il fondo del barile potremmo intravedere da lontanissimo una pseudo riabilitazione nelle prestazioni offerte, nell’ultima di campionato, dall’ AEB e da Immortalis, ambedue corsare rispettivamente all’ Hypatia ed al Tozzi-Fan.

Ma si tratta di riabilitazioni molto pallide e comunque qui sottolineate solo perché le due compagini, una volta tanto, non hanno rinnovato l’antica tradizione della sconfitta.

Nonostante questo non devono sfuggire quei piccoli segnali di risveglio che potrebbero essere preliminari all’uscita da quella specie di coma vigile in cui Piero e Michele si sono cacciati a partire dall’inizio del campionato.

Al momento le speranze si chiamano Icardi per l’ AEB e Thiago Ribeiro ed Eder per Immortalis, ma la strada è lunga e le conferme verranno solo se i protagonisti sapranno meritarsele.

Un cenno a Gianduiotto ma giammai per celebrarne una riabilitazione: per Egidio si tratta, al contrario, di possente conferma di aspirazioni di vertice.

Ha vinto alla grande l’apertura e sul clausura, al momento, non ha ritenuto di spartire punti con nessuno.

Anche lui comunque, come Alessandro, paga dazio alla distrazione lasciando un punticino per strada che significa speranza per chi sta inseguendo già col fiato corto.

Buon inizio del clausura anche per Mascalzone Latino, dopo il terrificante periodo che ha accompagnato la seconda parte dell’apertura.

Giovanni ha già messo in cascina 5 punti (ed anche lui ne ha lasciato uno per la distrazione della mancata comunicazione) e l’augurio è che non si ripeta, per l’undici salernitano, l’andamento della prima fase percorsa ad abbaglianti sparati per le prime giornate ed a fari spenti per il resto.

Gli altri un po’ tutti rivedibili, compreso Guido che inizia benissimo il clausura ma che poi cade rovinosamente al Filadelfia sfoderando una prestazione non alla sua altezza, ed il duo Petomani che, ugualmente partito bene, si fa sbranare in casa dal Gattopardo.

Sulla sponda dei “degradati” due nomi su tutti: Spartans e Shingotamarri.

Stefano, che è riuscito a non finire nel quartetto infame dell’apertura, inizia il clausura in maniera imbarazzante: non raccoglie alcun punto registrando, in tre partite, 13 gol al passivo ed uno solo all’attivo, subendo un risultato tennistico in casa contro i Petomani.

Al momento la storia condanna gli Spartans, con tanto di degradazione e perdita di stellette e meriti fin qui acquisiti (un pool di esperti sta cercando di capire quali siano).

Altra nota dolente sono i Shingotamarri, già protagonisti di una pessima apertura che li ha relegati all’ultima piazza.

Ad oggi Vincenzo raccoglie un solo punto nel clausura e deve anche lui registrare un risultato da grande slam, quello sofferto al Tozzi Fan (6 – 0).

Relativamente al trofeo Tevere convenzionalmente si annunciano qui solo i “degradati” nei nomi di coloro che lasciano definitivamente la manifestazione: Gattopardi, Petomani, Real Martina e (ancora) Spartans.

Ma ognuno di questi ha comunque ancora una storia da raccontare per il campionato.

Speriamo non sia la stessa raccontata da chi vuole riabilitare il non riabilitabile.

Grazie ad Andrea Scanzi del “il Fatto Quotidiano” per aver detto quello che da troppo tempo non si sentiva dire: la mancanza di rispetto, a volte, è un dovere costituzionale.

BAGABLOB