Quindicesima puntata: 13 gennaio 2013

Il rigore del Marchese di Donnafugata ed i riformisti radiati

Ci siamo impossessati del 2013 con la brama di chi spera che sia un anno di riscatto, di risoluzione ai tanti problemi della vita o magari anche di sincera espiazione per quello che avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto o che avremmo dovuto essere senza riuscirci.

Il rumore del tappo della bottiglia di spumante, alla mezzanotte dell’anno che finisce, da sempre fa da sottofondo a tutti questi intimi pensieri, come una musica soave che rievoca una predisposizione d’animo quasi fanciullesca di cui, purtroppo, siamo dimentichi per i mesi a venire.

Peraltro la troppo spesso becera e pirotecnica gazzarra che accompagna il momento del rituale brindisi di fine anno, non aiuta al mantenimento di quell’interiore stato d’animo, che finisce così col diventare solo un flash di sani proponimenti, come una bella fotografia di una persona cara che non c’è più che mettiamo nel cassetto e tiriamo fuori solo quando ci sentiamo un po’ depressi.

Anche per la nostra Lega l’affacciarsi del 2013 non ha fatto eccezione ed un’atmosfera un po’ dorotea, rafforzata dalla spiritualità del contestuale arrivo dei Magi alla grotta di Betlemme, ha permeato il debutto del trofeo Tevere che si è posto, più che altro, come il mezzo con il quale affilare adeguatamente le unghie in vista della ripresa del campionato.

Ciò non toglie che al Tevere vada tributata la stessa attenzione riservata al trofeo Roma, il cui successo – dovuto alla intrigante formula con la quale si dispiegava il tabellone – dà la certezza che anche questa seconda coppa sarà alzata solo al termine di un’altra appassionante avventura.

I successi di San Isidro, Rapid, Gianduiotto, AEB, Phoenix, Pueblo, Real e Spartans vanno quindi salutati come ottime affermazioni che, tuttavia, necessitano di conferme per evitare di approdare nel limbo del tabellone inferiore che significherebbe accesso all’ultima spiaggia.

Seppure si avrà l’occasione di parlare del trofeo Tevere nelle prossime giornate a questo dedicate, quando magari la contesa si farà più trascinante, meritano già da ora una menzione particolare AEB, Real Martina e Phoenix, capaci di riscattare in parte la povertà della fase di apertura con successi di rilievo, nel caso del Real addirittura allo Sgrunt Stadium.

Ma il trofeo Roma ha già ampiamente dimostrato quanto effimere possano risultare certe vittorie e quindi sarà bene che Piero, Andrea ed Alessandro non dormano troppo sugli  allori, cominciando col dosare le forze anche per affrontare quanto resta di un campionato che per loro si preannuncia tutt’altro che facile.

Ma sulla bilancia che misurerà entusiasmi e delusioni, trionfi e fallimenti non potrà non pesare l’attuale fase di calciomercato che metterà alla prova la grinta, la scaltrezza e le capacità dei vari fantallenatori interessati a dare maggior equilibrio e forza alla propria rosa.

Ognuno è quindi chiamato a presentare la propria lista nella speranza di accaparrarsi il nome giusto, quello che potrà risultare vincente nelle prossime settimanali aperture delle urne.

E siccome la magia della Lega Amara sta anche nel “come” i fatti che la riguardano si relazionano con la realtà che viviamo, non vi è dubbio su chi possa essere uno dei più affascinanti colpi di mercato: Fabrizio Corbera, Principe di Salina, Duca di Querceta, Marchese di Donnafugata.

I trascorsi nobili di Don Fabrizio, ma soprattutto la circostanza che la vita di questi sia una delle assi portanti del famoso romanzo di Tomasi di Lampedusa, portano a pensare che sia il nostro Filippo il più stimolato da questo aristocratico siculo bomber, magari per sostituire l’inappagante Destro.

Certo, lo scambio non farebbe innalzare il grado di responsabile e consapevole appartenenza all’interno di uno storico team, visto che la mancanza di appassionata e concreta partecipazione sotto porta propria del romanista, trova il suo degno contraltare nella carenza di qualsivoglia spirito civico nell’animo del nobile siciliano che, seppure testimone dell’epocale venuta dei Mille nella sua terra, dimostra di non essere affatto toccato dagli avvenimenti che lo circondano.

E’ il palindromo perfetto. L’annessione di Destro alla Roma e l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia trovano i nostri mancati eroi in perfetta sintonia: l’uno si rifiuta testardamente di entrare nei tabellini delle partite con la frequenza che si dovrebbe, l’altro non ne vuol sapere di ricoprire un importante incarico politico e preferisce restare fuori dal presente per avvinghiarsi al suo aristocratico passato.

Molto meglio, per i Nostri, demandare ad altri la responsabilità: Pablo Daniel Osvaldo e Don Calogero Sedara sono senz’altro più adatti alla bisogna.

Ma chissà se i Gattopardi di Filippo ed il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa potranno trovare una sintesi ed incrociare le loro strade.

Il possibile scambio stuzzica la fantasia ma l’impressione è che, qualora ciò accadesse, il coach dei Gattopardi dovrà stare molto attento: Don Fabrizio potrebbe, infatti, risultare destabilizzante per lo spogliatoio nella stessa misura in cui Cassano lo è stato per tutte le squadre in cui è transitato.

Per non parlare di quello che potrebbe accadere nei momenti clou che ogni stagione riserva a tutte le squadre: nel caso di calci di rigore determinanti, il nostro Marchese di Donnafugata si presenterebbe al dischetto o manderebbe suo nipote Tancredi a chiamare Don Calogero ?

Lasciamo la domanda alla storia che sarà scritta.

Qui interessa la logica gelida e qualunquistica di Don Fabrizio, per la sensazionale attualità del suo pensiero: “bisogna cambiare tutto perché non cambi niente".

Cosa c’è di più aderente alla nostra realtà di una simile affermazione ?

Bettino Craxi usciva dall’Hotel Raphael esattamente 20 anni or sono, sfidando (occorre dirlo) anche coraggiosamente la folla, rifiutandosi di passare dal retro e sottoponendosi ad un diluvio di monetine lanciate da chi non tollerava più lo strapotere della politica e dei politici sulle persone perbene.

La camera dei deputati, il giorno prima, aveva negato l’autorizzazione a procedere ed il futuro esule ad Hammamet pagò così - forse troppo pesantemente, se si pensa alla arrogante sostanziale impunità di cui hanno poi goduto futuri fior di farabutti – la sua sfida aperta a chi lo contestava.

Cosa è cambiato rispetto ad allora ?

Non c’è dubbio, una sola cosa: la moneta.

Allora si tiravano lire, oggi si tirerebbero centesimi di euro e, per giunta, anche oculatamente, vista l’aria che tira.

«Stiamo parlando del più grande sportivo italiano. Moggi non è solo candidato per i Riformisti Italiani, è una bandiera contro questo circo mediatico giudiziario che dura da 20 anni, che rovina famiglie, carriere ed onore delle persone. Contro questo Paese ipocrita alla ricerca di un capro espiatorio e contro chi non poteva non conoscere il sistema del calcio italiano e ha fatto finta di cadere dalla luna».

Sono parole di Stefania Craxi: una seria candidata al lancio del centesimo.

Fuori dall’albergo da cui uscirà troverà pacifici ed inossidabili innamorati del calcio vero, umiliati giornalmente dalla cupola di interessi che uccide il loro sport preferito: non le tireranno monetine e non solo per le contingenti ristrettezze economiche in cui versano, ma soprattutto perché, negli anni, hanno imparato la lezione della decenza e della dignità, a differenza di quanto ha saputo fare la classe dirigente di questo Paese.

E moltissimi di loro non potranno godere di una seconda, terza o quarta opportunità come sta accadendo a Moggi: sono i radiati veri della società, quelli che pagano il prezzo fino in fondo, fino all’estremo sacrificio di vedere inquinate anche le loro domeniche calcistiche, non bastasse la precarietà, la sofferenza e la preoccupazione con cui devono vivere anche gli altri giorni della settimana.

Non si tratta di negare al signor Moggi alcunché, ma i suoi interessi potranno essere socialmente rilevanti solo quando saranno stati tutelati, per parlare con la Craxi, “famiglia, carriera ed onore” di tanti signor nessuno che si imitano a chiedere di non naufragare nello stesso mare in cui tanti navigano con lo yacht.

Ma noi vogliamo esorcizzare questo male e l’arma migliore per sconfiggerlo è non prendersi troppo sul serio, vivendo il nostro gioco come un’oasi felice a cui non possono aspirare personaggi indegni: il solo Mascalzone che tolleriamo è quello Latino, il resto è oblio assoluto.

Ai Riformisti Italiani, più o meno radiati, contrapponiamo quindi le nostre liste con le quali vinceremo le elezioni della fantasia, al riparo dalle nefandezze della realtà.

Per questo, dopo una notte insonne all’addiaccio, i portaborse hanno avuto accesso al Prez-Viminale ed ora la bacheca presidenziale è colma dei simboli in gara, nella attesa che esca il candidato vincente.

Non sappiamo chi sarà il futuro premier della nostra Lega, destinato al fantaPalazzo Chigi, su espressa nomina di Alex Napolitano, ma sappiamo quanto siano comunque belle le nostre liste.

Vincerà forse “con Mirtilla per la Lega Amara”, oppure il “Movimento Cinque Sveglie” ?

Magari una sorpresa ci meraviglierà e la lista “Shingopensionati d’Italia” avrà la meglio…..

Chissà.

Se fossimo ai tempi del Raphael, probabilmente, metteremmo tutti la croce su “DNA: Democrazia Natura Amore” di Cicciolina.

Ma non abbiamo più il fisico.

Lega Nord ?

No grazie, Lega Amara.

BAGABLOB