Ventitreesima puntata: 24 marzo 2013

Diplomazie à la carte, missioni impossibili, Papi a colloquio e figuranti di regime.

Ma la freccia bianca non c’è più

Il cuore di Pietro ha detto basta subito dopo la curva e lo ha fatto improvvisamente, almeno per chi era convinto (quasi tutti) che la “freccia bianca” fosse immortale e stesse benissimo, nonostante una strisciante emarginazione alla quale una certa nomenklatura sportiva l’aveva relegata da quando aveva lasciato la pista.

Campione sicuramente controverso, schivo e forse neanche simpaticissimo, ma oggi rivedere le immagini di repertorio in cui lui, dopo il traguardo, rivolge l’indice in alto non può non risvegliare quella parte di orgoglio italiano da troppo tempo assopita nel qualunquismo di ogni risma.

La malattia, sembra nascosta fino alla fine anche ai più intimi, non gli ha permesso di percorrere il rettilineo finale che l’avrebbe portato ad un traguardo della vita forse più accettabile e sicuramente più aderente alle attuali statistiche di sopravvivenza.

Ma, si sa, spesso il mito deve consegnare alla morte giovani vite affinché diventino leggenda.

Addio Pietro, ci piace pensare che per andare lassù tu abbia battuto ancora una volta te stesso: meno di quel fantastico 19’’72 per arrivare dove chi ti voleva bene spera tu sia arrivato.

Mennea, per poche ore, non è stato terreno spettatore di un evento epocale e, piace ricordare a chi scrive, stessa sorte è capitata ad un altro “uomo normale” che ha condensato in una vita breve una esistenza intensamente speciale: Antonio Manganelli era il poliziotto che chiese scusa.

E come non può essere epocale l’evento di un Papa che ne incontra un altro, che lo abbraccia, con il quale prega insieme ?

Al di là delle costruzioni giornalistiche enfatizzanti, l’evento deve essere sottolineato non tanto per quel che è stato esteriormente, quanto per l’evidenza che ha assunto nella forma di vero passaggio di consegne tra due Papi molto diversi, tanto che la Chiesa difficilmente potrà prescindere dai cambiamenti che, si auspica, ne verranno.

La visita a Castel Gandolfo di Francesco appare un onore delle armi al Papa Emerito che ha deciso di trascorrere in vita monastica il resto della sua esistenza e questo “morire senza esser morti” stride enormemente con la vitalità ed il bagaglio di cui è già portatore il nuovo Papa: i bagni di folla dei primi dieci giorni di pontificato sembrano erodere pian piano il ricordo non solo di Benedetto XVI ma anche dello stesso Giovanni Paolo II.

Ma, si badi, non è l’apparenza dei gesti e dei comportamenti che deve attirare la nostra attenzione, quanto le aspettative che quei gesti e comportamenti ingenerano.

Una su tutte: un rapporto della FAO di fine 2012 racconta che sono 870 milioni complessivamente le persone denutrite nel mondo e, aggiunge chi scrive, per buona parte a causa dell’ingordigia e delle politiche economiche dei Paese ricchi che dilapidano a ritmi forsennati le risorse materiali ed energetiche, compromettono l'ambiente e combattono guerre col solo scopo di arricchirsi ancora di più, finendo solo con l’ampliare le zone di miseria e di fame.

Papa Francesco ha detto “come vorrei una Chiesa povera per i poveri”: è questa la sfida maggiore sulla quale tutto il mondo, in particolare quello laico e non credente, l’aspetta.

Le miserie di casa nostra, invece, si concretizzano in fatti recenti che intrecciano in un desolante fil rouge incapacità ed inettitudine di una politica di plastica che sta mostrando i denti al vero cambiamento.

Che la missione di Bersani, neo incaricato di trovare il bandolo della matassa di un risultato elettorale per certi versi diabolico, sia molto vicina all’impossibile è cosa certa.

Ma sembra altrettanto ineludibile quella forma di normalizzazione e standardizzazione all’agone politico alla quale Grillo si sta condannando, evidentemente inconsapevole, usando il vecchio linguaggio del diniego a prescindere.

Non che un esecutivo Bersani appoggiato dal M5S sia la panacea per questo Paese, ma la squadra grillina - da sempre attenta anche all’aspetto somatico della politica e dei politicanti - appare sorprendentemente impermeabile a quello che le accade intorno.

Un Paese in cui, in parte, si riempie una piazza a pagamento con frotte di figuranti della politica dovrebbe, forse, imporre qualche riflessione in più.

E se non bastasse quello che ci aspetta, non possiamo neanche consolarci con quello che abbiamo, ossia un esecutivo in carica precaria.

Ma non è una precarietà dettata solo da fatti politici contingenti, quanto anche dalla sconcertante inadeguatezza di tecnici che, si presume, dovrebbero essere più preparati dei politici: nel caso dei due marò il pugno duro mostrato in precedenza con il benevolo plauso dei vari La Russa & C., ha lasciato prontamente il campo alla diplomazia à la carte, mostrata dal nostro governo di fronte al diktat indiano.

Ma è l’incoerenza di atti agli antipodi compiuti nel giro di pochissimi giorni a strabiliare, unitamente al consueto italico e fariseo patriottismo che ha accompagnato l’intera vicenda. 

Anche da quest’ultimo punto di vista lascia perplessi il comportamento tenuto dalle nostre istituzioni: il nostro sistema prevede la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio e da qui dobbiamo partire.

Quello che non si comprende è perché due italiani, accusati di omicidio, debbano essere accolti con gli onori dalle massime cariche dello Stato.

Non molte certezze neanche per quanto riguarda la nostra Lega: il rinvio di Samp – Inter sottopone i nostri risultati ad una provvisorietà irritante: in particolare sarà interessante capire se Phoenix sarà riuscita nell’impresa di entrare direttamente nella finale del Trofeo Tevere andando ad espugnare il Filadelfia.

Ma una stella resterà luminosa in ogni caso ed è quella di Sgrunt: nessun recupero potrà modificare il suo tennistico risultato ai danni del fanalino Shingotamarri e il ritrovato dominio sul campionato.

Cogliendo la palla al balzo Bagablob potrebbe dire “si recuperi presto, per poter tornare a parlare di fantacalcio”, ma ciò suonerebbe ipocrita: la verità è che gli eventi spesso richiamano a chi scrive riflessioni diverse dal nostro splendido gioco.

Per questo perdonate Bagablob, perché non sa quello che fa.

BAGABLOB